Oggi parliamo di uno dei tendini più importanti del nostro corpo: il tendine di Achille. È il più grande e resistente, capace di sopportare forze di trazione fino a 300 kg, ma anche uno dei più soggetti a rottura.
Secondo uno studio svedese (1), l’incidenza delle lesioni al tendine di Achille è aumentata in modo significativo negli ultimi anni. Le cause principali sono riconducibili a fattori demografici e sociali, come l’invecchiamento della popolazione, l’aumento dell’obesità e la crescente diffusione dell’attività sportiva, anche in età avanzata.
MITOLOGIA GRECA: CHI ERA ACHILLE?
Come tutti sappiamo, l’espressione “tallone di Achille” viene comunemente utilizzata per indicare il punto debole o l’aspetto più fragile di una persona, sottolineandone così la vulnerabilità.
Questa locuzione affonda le sue radici nella mitologia greca, da cui ereditiamo una spiegazione affascinante. Il termine deriva infatti dal mito di Achille, il celebre eroe della Guerra di Troia e protagonista dell’Iliade di Omero. Achille, semidio nato da madre immortale e padre mortale, era considerato invincibile… se non per un’unica parte del corpo: il tallone. Fu proprio questa sua unica zona vulnerabile a causarne la morte, rendendolo un simbolo eterno di forza accompagnata da fragilità.

Secondo il mito infatti, sua madre Teti, decise di immergerlo nel fiume Stige proprio per renderlo immortale, ma omesse di bagnargli il tallone per il quale lo stava reggendo. Questa parte del suo corpo quindi non ricevette l’ immortalità e fu infatti Paride (o secondo altre versioni Dio Apollo) ad approfittare di questa sua parte “vulnerabile” uccidendolo con una freccia.
Ma adesso, come stiamo per leggere, non dovremo più temere la nostra vita come accadde ad Achille perché una corretta fisioterapia svolta da professionisti laureati e specializzati ci salverà!
Il termine “tendine di Achille” è ormai di uso comune in ambito medico e si riferisce a quel robusto e lungo tendine che si forma dall’unione di due muscoli: il gastrocnemio (o gemello) e il soleo. Questo tendine si inserisce sul calcagno, l’osso posteriore del piede, noto per essere particolarmente resistente e voluminoso.
Il tendine di Achille ha una lunghezza media di circa 15 cm. A differenza di altri tendini, non è rivestito da una guaina sinoviale, ma da un tessuto detto paratenonio, altamente vascolarizzato. Il paratenonio è un tessuto connettivo fibrillare che rappresenta la prosecuzione della fascia muscolare, ed è tipico di quei tendini che non sono avvolti da una guaina. Grazie alla sua vascolarizzazione, svolge un ruolo importante nei processi di nutrizione e riparazione del tendine.

La parte prossimale, ovvero quella più vicina al muscolo, e la parte distale, situata in prossimità dell’inserzione ossea sul calcagno, sono irrorate rispettivamente dall’arteria tibiale posteriore e dall’arteria peroneale. Al contrario, la zona centrale del tendine presenta una scarsa vascolarizzazione, il che la rende particolarmente vulnerabile ai processi degenerativi e alle rotture.
QUALI SONO LE FUNZIONI DEL TENDINE DI ACHILLE?
Il tendine di Achille, grazie all’attivazione dei muscoli gastrocnemio e soleo, svolge un ruolo fondamentale nella locomozione e nella funzionalità dell’arto inferiore.
Questi due muscoli, una volta attivati, consentono:
▸ La flessione plantare del piede
È il movimento che permette di sollevare il tallone e abbassare l’avampiede, come accade quando camminiamo sulle punte. Questo gesto è essenziale per la spinta durante la deambulazione, la corsa e il salto.
▸ La flessione della gamba sulla coscia
Questa azione è svolta esclusivamente dal gastrocnemio, in quanto attraversa anche l’articolazione del ginocchio (a differenza del soleo, che agisce solo sulla caviglia). Permette di flettere la gamba, contribuendo alla dinamica del passo e alla stabilità dell’articolazione del ginocchio.
▸ La stabilizzazione e il controllo del piede
Il tendine di Achille, insieme alle altre strutture tendinee e legamentose, partecipa al controllo dell’equilibrio e alla stabilità del piede, in particolare durante i movimenti dinamici e le variazioni di carico.
▸ L’assorbimento e la trasmissione delle forze
Durante attività come camminata, corsa e salto, il tendine di Achille assorbe le forze di impatto e le redistribuisce in modo efficiente lungo l’intero arto inferiore. Questo riduce il sovraccarico sulle articolazioni e contribuisce a un movimento fluido e controllato.
QUANTE PERSONE SI ROMPONO QUESTO TENDINE?
La rottura del tendine rappresenta circa il 20% di tutte le lesioni tendinee, una percentuale tutt’altro che trascurabile.
A essere colpiti più frequentemente sono gli uomini, con un rapporto di 10 a 1 rispetto alle donne. L’età media dei pazienti si aggira intorno ai 40 anni.

QUALI POSSONO ESSERE LE CAUSE DI ROTTURA DEL TENDINE DI ACHILLE?
Età
Tra i 25 e i 40 anni: le lesioni tendinee sono spesso legate ad attività sportive ad alta intensità, in particolare sport che prevedono salti, scatti o cambi di direzione improvvisi (es. calcio, basket, corsa).
Oltre i 60 anni: le rotture tendinee tendono ad avvenire in seguito a traumi di bassa energia, come semplici movimenti quotidiani, e sono generalmente legate a un processo di degenerazione strutturale del tendine.
Abuso di farmaci
L’uso prolungato o scorretto di alcuni antibiotici (in particolare i fluorochinoloni) è associato a un maggior rischio di rottura tendinea.
Patologie vascolari
Le alterazioni della microcircolazione possono compromettere la nutrizione dei tessuti tendinei, rendendoli più fragili.
Disturbi metabolici
Condizioni come diabete, ipercolesterolemia o obesità possono influenzare negativamente l’integrità del tessuto connettivo.
Squilibri ormonali
Alcuni disturbi ormonali (ad esempio alterazioni tiroidee) possono interferire con la rigenerazione e la tenuta dei tendini.
Tendinosi cronica
La presenza di patologie tendinee croniche pregresse, come la tendinosi dell’Achille, rappresenta un importante fattore di rischio per la rottura.
Iniezioni di corticosteroidi
Pregresse infiltrazioni di cortisone nella zona del tendine possono ridurre la resistenza meccanica del tessuto, predisponendolo alla lesione.
QUALI SONO I SINTOMI E I SEGNI DI UNA ROTTURA?
La rottura del tendine di Achille si manifesta spesso in modo improvviso e violento, tipicamente durante un’attività come un salto, una corsa o un’accelerazione brusca.
Il paziente descrive frequentemente la sensazione di aver avvertito uno “schiocco” netto nella parte bassa della gamba, o addirittura di aver ricevuto un colpo violento nella parte posteriore del piede, pur in assenza di un impatto esterno.
Dolore acuto e intenso, localizzato nella zona del tendine
Debolezza marcata o impossibilità a eseguire la flessione plantare (alzarsi sulla punta dei piedi)
Difficoltà o incapacità a camminare normalmente
Gonfiore e tumefazione localizzati nella regione del tendine d’Achille, talvolta accompagnati da un’ecchimosi
COME SI DIAGNOSTICA UNA ROTTURA DEL TENDINE DI ACHILLE?
Secondo le ultime linee guida internazionali dell’American Academy of Orthopaedic Surgeons, la diagnosi di rottura del tendine di Achille può essere confermata durante l’esame obiettivo se sono presenti due o più dei seguenti segni clinici:
Test di Thompson positivo
Con il paziente in posizione prona sul lettino, il fisioterapista comprime manualmente il muscolo del polpaccio. In condizioni normali, ciò dovrebbe provocare una flessione plantare automatica del piede.
In caso di rottura del tendine, non si osserva alcun movimento, segno evidente di discontinuità tendinea.Riduzione o assenza della flessione plantare attiva
Il paziente non riesce a spingere il piede in avanti contro la resistenza opposta dal fisioterapista, a causa della perdita di continuità tra muscolo e osso.Presenza di un avvallamento palpabile
La palpazione del tendine evidenzia una depressione o discontinuità nella zona in cui si è verificata la rottura.Aumento della flessione dorsale passiva
Il piede interessato mostra una flessione dorsale passiva marcatamente aumentata rispetto al lato sano, indice della perdita di tensione tendinea.
MEGLIO OPERARSI OPPURE NO?
È questa, senza dubbio, una delle domande più importanti per il paziente che si trova ad affrontare una rottura del tendine di Achille.
In questo articolo riportiamo le più recenti linee guida e le evidenze scientifiche aggiornate sul trattamento di questa lesione, tenendo conto anche delle diverse controversie ancora presenti nella comunità medica riguardo all’approccio terapeutico più efficace.
Vediamo quindi nel dettaglio le due principali opzioni di trattamento disponibili: quello conservativo e quello chirurgico.
TRATTAMENTO CONSERVATIVO (ovvero non chirurgico)
Il trattamento conservativo consiste nel favorire la guarigione spontanea del tendine di Achille, sfruttando il contatto diretto tra i due monconi lesionati. Non si interviene chirurgicamente, ma si lascia che il tendine si rigeneri naturalmente attraverso l’immobilizzazione e la riabilitazione.
Tuttavia, se la guarigione per contatto avviene in modo non ottimale, si possono verificare due principali complicanze:
Indebolimento del muscolo del polpaccio, con riduzione della forza funzionale
Guarigione incompleta del tendine, con aumento del rischio di rottura recidivante
Secondo quanto riportato nello studio di Baet et al. (28), questi rischi possono essere drasticamente ridotti se vengono rispettati due criteri fondamentali:
Il tessuto tendineo residuo (a margine della rottura) deve essere sano e strutturalmente integro
È essenziale iniziare precocemente un programma intensivo di fisioterapia
COME AVVIENE LA FISIOTERAPIA SE NON MI OPERO?
Fino a qualche anno fa, sia in seguito a trattamento conservativo che chirurgico, si riteneva pericoloso eseguire precocemente esercizi di movimento della caviglia o esercizi con carico del peso corporeo. L’idea dominante era che il riposo prolungato fosse essenziale per proteggere il tendine durante le fasi iniziali della guarigione.
Tuttavia, le evidenze scientifiche più recenti, in particolare quelle dello studio di Saleh et al. (31), hanno rivoluzionato questa visione, dimostrando come una riabilitazione precoce porti significativi benefici funzionali, soprattutto nei pazienti trattati in modo conservativo.
Gli autori identificano due elementi fondamentali per migliorare il recupero:
Inizio precoce della riabilitazione dopo la rimozione del gesso
Utilizzo tempestivo di un tutore funzionale per la deambulazione
Questi approcci permettono di:
accorciare i tempi di immobilizzazione, riducendoli da 8 a 3 settimane
promuovere un recupero più rapido delle capacità motorie e dell’autonomia funzionale
L’introduzione di una riabilitazione anticipata si è dimostrata efficace per:
Migliorare la flessione dorsale della caviglia
Favorire un ritorno precoce alle attività quotidiane e funzionali
Lo stesso studio propone un protocollo di rientro progressivo, suddiviso in due fasi:
Primi 6 mesi dopo la lesione
Via libera ad attività a basso impatto, da eseguire progressivamente, come:camminata su superfici piane
corsa leggera
esercizi sulle punte dei piedi (salita/discesa)
Dopo 6 mesi dalla lesione
Possibilità di riprendere attività ad alto impatto, tra cui:sport con salti, cambi di direzione e sforzi intensi, come calcio, basket o pallavolo
solo con progressione graduale, sempre sotto supervisione fisioterapica
Risulta pero da questi studi sottolineare una cosa fondamentale per poter raggiungere in tutta sicurezza questi obiettivi.

Ovvero è fondamentale una fisioterapia intensa sul rinforzo muscolare del polpaccio ( muscolo gastrocnemio e muscolo soleo) aspetto che invece in una percentuale molto alta di lesioni non viene recuperato nemmeno a distanza di 1 o più anni dall’evento lesionale iniziale.
TRATTAMENTO CHIRURGICO
In letteratura vengono descritte diverse tecniche chirurgiche per la riparazione del tendine di Achille, ciascuna con caratteristiche specifiche e indicazioni cliniche precise. Le principali sono:
Riparazione percutanea
Tecnica minimamente invasiva, eseguita attraverso piccole incisioni cutanee, che riduce il rischio di infezione ma presenta una maggiore difficoltà nel controllo visivo diretto del sito di lesione.Riparazione mini-aperta
Approccio intermedio tra la percutanea e l’aperta, consente un buon bilanciamento tra precisione chirurgica e ridotta invasività.Riparazione aperta
Tecnica tradizionale che prevede un’esposizione completa del tendine, utile nei casi più complessi o in presenza di lesioni croniche.
COME AVVIENE LA FISIOTERAPIA SE MI OPERO?
Così come nel trattamento conservativo, anche dopo una riparazione chirurgica del tendine di Achille la riabilitazione precoce si conferma un elemento fondamentale per garantire un recupero completo ed efficace. Le ultime evidenze scientifiche lo dimostrano chiaramente.
Gli studi di Hung et al. (39) hanno evidenziato che un approccio riabilitativo che prevede:
Mobilizzazione precoce della caviglia
Carico corporeo anticipato
è significativamente più efficace rispetto a:
Immobilizzazione prolungata
Sola mobilizzazione precoce, senza carico
In sintesi, il carico anticipato, abbinato a un movimento controllato, si traduce in una migliore ripresa funzionale, riduzione del rischio di rigidità articolare e tempi di recupero più brevi.
Di particolare rilievo è il programma di riabilitazione accelerata proposto da Brumann et al. (40), che prevede:
Carico completo immediato, con la caviglia bloccata in 30° di flessione plantare tramite tutore funzionale da indossare per 6–8 settimane
Dopo 2 settimane:
Inizio della mobilizzazione controllata in flessione plantare
Flessione dorsale bloccata a 0° (per evitare stress sul tendine)
Lo stesso studio sconsiglia fortemente una immobilizzazione superiore a 3 settimane, soprattutto se effettuata con gesso o tutori rigidi non dinamici.
Un tema ancora oggetto di dibattito scientifico riguarda la posizione ideale della caviglia nel post-operatorio immediato.
Generalmente, la caviglia viene mantenuta inizialmente in flessione plantare, seguita da un progressivo ritorno alla posizione neutra. Tuttavia, gli studi di Ryu et al. (41) propongono un approccio diverso:
Mantenere la caviglia in posizione neutra fin da subito, per favorire un carico più completo ed equilibrato sull’articolazione.
Indipendentemente dalla tecnica o dalla posizione iniziale adottata, è essenziale evitare in fase precoce i movimenti che causano allungamento eccessivo del tendine, in particolare la iperdorsiflessione della caviglia.
Un tendine di Achille eccessivamente allungato comporta una riduzione significativa della forza del muscolo del polpaccio, con conseguenti deficit funzionali nel lungo termine.
QUALI POSSONO ESSERE LE COMPLICANZE?
Le complicanze di un intervento chirurgico di tendine di Achille possono essere:
- lesioni del nervo surale
- infezioni
- trombosi venosa profonda
- cicatrici ipertrofiche
- eventi di ri-rottura precoci.
Importante sottolineare come risulti fondamentali quindi aver parsimonia nello scegliere i pazienti da operare, infatti potrebbero essere non appropriati anche pz
- con diabete
- malattie vascolari periferiche
COME EVOLVONO I PAZIENTI NEL TEMPO?
Un aspetto fondamentale è il recupero ottimale della deambulazione, esercitando una forza di spinta del piede e controllo, che deve avvenire entro la 12/18 settimana.
Ovviamente questa prognosi può essere migliorata inserendo:
- carico precoce
- fisioterapia mirata eseguita nei minimi particolari
raccomandazioni utili da sapere:
il ritorno a spot di contatto non dovrebbe essere svolto per almeno 4-5 mesi ed è fondamentale precisare bene quali devono essere i criteri per il ritorno alla corsa.
Criteri per ritorno alla corsa:
- riuscire ad eseguire ripetitivi sollevamenti de tallone singolo
- riuscire a camminare sulle punte dei piedi
- avere un eventuale deficit di forza del muscolo polpaccio meno del 25% rispetto al controlaterale
Fondamentale precisare che questi criteri dovrebbero essere raggiunti entro 12 settimane!
Possiamo confermare come un aspetto importate della ottima riuscita della fisioterapia sia recuperare correttamente il sollevamento del tallone solo sulla gamba operata.
Infatti si evince dagli studi scientifici di Ryu et al, una seconda rottura del tendine di Achille può ripresentarsi nel 49% dei casi se non viene recuperato in maniera ottimale la forza del polpaccio e al capacità di sollevarsi su un singolo piede dopo le 12 settimane.
Purtroppo più del 30% dei pazienti operati non riesce ad eseguire questo movimento non solo nelle prime 12 settimane ma addirittura anche dopo 1 anno, con il rischio altissimo di una nuova rottura.
Noi della Fisioterapia di Polo Salute Versilia lavoriamo con molti pazienti che hanno subito una lesione cosi importante del tendine di Achille e possiamo confermare che con un bel gioco di squadra il ritorno alla completa forma fisica avverrà senza nessun problema.
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A cura di:
MATTEO SANTOLI, FT, CAS
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